Scrive l’autorevole JJ Martin su classikrock.blogspot.it: “Inizialmente le musiche appaiono quasi come un curioso miscuglio tra i Giganti e i Delirium: dei primi vengano clonati i recitativi e dei secondi le atmosfere a loro care da ‘Lo scemo e il villaggio’ a ‘Delirium III’. Da un certo punto del disco però, entrano in gioco anche massivi interventi orchestrali a metà tra il Battisti più sinfonico e i New Trolls di ‘Concerto Grosso n°1’. Il tutto, condito da cori modello 4+4 di Nora Orlandi o di quelli che Ivano Fossati utilizzò nel suo primo album”.
La descrizione è assai puntuale e appropriata, con tutti i riferimenti al posto giusto. Ma aggiungerei un particolare. A mio avviso, unendo in maniera totalmente coraggiosa e originale tutte le caratteristiche sopra citate, i fratelli Tirelli sono riusciti a creare un album assolutamente particolare nella storia del progressive italiano. L’accostare magistralmente diverse ispirazioni musicali è un conto ma instillare in tale contesto il proprio forte temperamento grazie a composizioni sopraffine è tutta un’altra storia. “L’acqua purificatrice” è infatti soprattutto un disco ammantato di musiche bellissime, di melodie forti, di parti vocali ora rabbiose, ora ironiche, ora struggenti, di parti strumentali altamente sinfoniche unite ad altre ritmate e coinvolgenti che creano un intrigante connubio tra funky e prog.
Ascoltato con le orecchie d’oggi l’album dei Tirelli è una totale immersione in una piacevolissima atmosfera seventies senza che il risultato risulti datato. Anzi è proprio questo mood, amplificato da certi suoni e dai temi fantascientifico/sociali dei testi, a rendere unico il disco. Spesso sconosciuto ai più ma invece assai meritevole di una riscoperta, il parto unico de Lapera mantiene ancora oggi intatto il suo fascino e si colloca tra le mie uscite favorite nel panorama italico degli anni Settanta.
(Fabio Zuffanti)