I Pandora sono tornati! La band piemontese, tra le più devote al sound prog-rock degli anni d’oro e perciò amate dagli appassionati del genere, si presenta sotto forma di trio, composto dai due tastieristi Beppe Colombo e Corrado Grappeggia – quest’ultimo anche alle voci – e dal multi-strumentista Claudio Colombo, il cui lavoro è su questo disco letteralmente impressionante, per l’abilità con cui si destreggia tra batteria, chitarre, basso, flauto e altri strumenti.
Si è soliti dire che il terzo album per una band è quello cruciale: con “Alibi filosofico” i Pandora si giocano il tutto per tutto, realizzando il lavoro più complesso della loro carriera, senza ricorrere a facili soluzioni commerciali. La commistione tra vari generi musicali è totale, nel più puro spirito progressivo, e si rispecchia nella surreale copertina e nell’artwork del disco, ad opera della giovane artista Emoni Viruet, impegnata anche ai cori e voce.
L’album gode di una serie di importanti ospiti, tra cui Dino Fiore (Castello di Atlante), Arjen Lucassen (ai più noto per essere il mastermind del progetto Ayreon) e David Jackson (Van Der Graaf Generator). Quest’ultimo, in particolare, apporta un contributo non indifferente, non solo al sassofono, ma soprattutto con l’utilizzo di un sistema inventato da Edward Williams e chiamato Soundbeam & Switches, in grado di generare suoni a partire da semplici gesti e senza l’utilizzo di veri strumenti musicali: esso viene utilizzato da Jackson per avvicinare i giovani disabili della Meldreth Manor School alla musica, ed il risultato lo si può ascoltare all’interno del brano “Apollo”; questa e la successiva “Tony il Matto” sono le tracce più sperimentali del lavoro, sospese in più momenti tra jazz-rock e avanguardia. Si segnala anche la presenza del bassista Leonardo Gallizio e di Duilio Mongittu – la voce di Apollo.
Un disco senza tempo, destinato a lasciare il segno.